La Suprema Corte torna ad occuparsi di colpa di organizzazione

È dello scorso aprile la Sentenza della Suprema Corte (sez. IV, n. 17006/2023) che torna ad occuparsi di responsabilità dell’ente ai sensi del D.Lgs. 231/01, in ipotesi di reati commessi in violazione della normativa di protezione dei lavoratori nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008). 

Per il reato contestato al datore di lavoro ed all’ente (omicidio colposo di un lavoratore scivolato in un tombino di scolo) i Giudici di legittimità hanno nuovamente ripercorso la tematica della “colpa di organizzazione” della Società,  da ricollegarsi al rimprovero derivante dall’inottemperanza, da parte dell’ente, dell’obbligo di adottare le cautele – organizzative e gestionali – necessarie a prevenire la commissione del reato, cautele che devono essere individuate in un apposito documento che elenchi i rischi e delinei le misure atte a contrastarli.

Per evitare ipotesi di responsabilità oggettiva, la sussistenza di tale colpa di organizzazione deve essere verificata dimostrando la mancata predisposizione di accorgimenti preventivi idonei a evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato. È il riscontro di un simile deficit organizzativo a consentire, dunque, l’imputazione all’ente dell’illecito penale realizzato nel suo ambito operativo. 

Nel caso di specie, la Sentenza ha confermato come la Società avesse deliberatamente risparmiato sull’impiego di personale e su un’adeguata formazione del lavoratore; inoltre, la pronuncia ha accertato la mancata previsione di misure specifiche volte ad impedire incidenti da parte della società, la quale avrebbe inoltre previsto il pericolo di caduta in termini soltanto generici all’interno del proprio (carente) DVR, conseguendo così un duplice vantaggio economico. 

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