È legittimo pretendere l’accesso all’account digitale del de cuius?

L’assenza di un quadro normativo volto a regolare la trasmissione dei beni digitali aventi contenuto strettamente personale post mortem impone al soggetto interessato di intraprendere le vie giudiziali al fine di vedere riconosciute le proprie pretese.

Infatti, mentre i beni digitali a contenuto patrimoniale del de cuius (ad esempio, le monete virtuali) rientrano nella trasmissione iure successionis, per quelli a contenuto personale non c’è ancora chiarezza.

Fino ad ora in Italia sono tre le pronunce emanate in tema di eredità digitale. La più recente è del Tribunale di Roma (ordinanza n. 2688/22) e segue le ordinanze emesse dal Tribunale di Bologna (ord. 25.11.21) e dal Tribunale di Milano (ord. 9.02.21). Il giudice capitolino ha riconosciuto alla moglie il diritto di accesso all’account iCloud del marito defunto permettendo così l’acquisizione di foto e video personali al fine di ricostruire la memoria del de cuius, anche nell’interesse delle figlie, ancora in tenera età. A fronte del diniego di accesso da parte di Apple, che ha invocato le condizioni contrattuali sottoscritte dal de cuius, le quali prevedevano l’intrasferibilità dell’account e l’estinzione di qualsiasi diritto al verificarsi dell’evento morte, il Tribunale ha accolto il ricorso facendo leva sull’art. 2 terdecies del Codice in materia di protezione dei dati personali, il quale prevede che i diritti riconosciuti dal GDPR, nell’ambito del trattamento, riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, per ragioni familiari meritevoli di protezione.

Attraverso la triade delle ordinanze italiane si sta sviluppando un orientamento giurisprudenziale favorevole a riconoscere la tutela post mortem dei dati personali sulla base di un approccio personalistico, che considera la persistenza di interessi giuridicamente tutelabili in capo ai prossimi congiunti della persona defunta.