Trust e Subtrust: neutralità fiscale e validità

In una recente sentenza depositata lo scorso 9 settembre (n. 26562/22), la Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un trust familiare, istituito da marito e moglie, composto da tre sezioni, ognuna delle quali configurava un distinto subtrust. Nello specifico, secondo l’atto costitutivo, ciascun coniuge, disponendo l’attribuzione alla propria sezione di beni di proprietà, realizzava l’effetto di destinare gli stessi ad esclusivo favore dell’altro al momento del proprio decesso, salvo riservarsene il godimento fino a tale momento. L’unica ipotesi in cui si sarebbe determinato l’arricchimento di un soggetto terzo, nella specie un ente benefico, sarebbe stata quella di commorienza dei coniugi. Un evento assolutamente residuale, che – a detta dei ricorrenti – doveva portare a considerare quali unici beneficiari del trust i coniugi, reciprocamente.

I Giudici di Piazza Cavour, richiamando i precedenti giurisprudenziali, hanno evidenziato i principi fondamentali che consentono di assoggettare l’atto segregativo di beni conferiti nel fondo in trust a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposizioni ipotecarie e catastali.

La Corte, accogliendo il ricorso, non solo ha confermato la neutralità fiscale dell’atto costitutivo di un trust, ma, ci pare di poter dire, ha affermato la validità dello strumento anche nel caso in cui l’atto medesimo preveda in diverse sezioni altrettanti subtrust.

Un trust familiare così costituito consente, dunque, ai coniugi di disporre per il futuro, dal momento della morte, dei propri beni in favore dell’altro in un unico atto. La questione non è di poco interesse se si considera come, differentemente, un testamento redatto in tali termini, con sottoscrizione da parte di più soggetti di un’unica scheda testamentaria contenente disposizioni reciproche o a favore di terzi, concretando un’ipotesi di testamento collettivo (reciproco o congiunto), si scontrerebbe con il divieto previsto dall’articolo 589 c.c., che ne decreterebbe l’invalidità.

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