Trust a scopo risarcitorio: non configura condotta riparatoria ai sensi del D.Lgs. 231/01

In materia di responsabilità amministrativa derivante da reato l’art. 17 del D.Lgs. 231/2001 prevede che le sanzioni interdittive previste per i diversi reati non trovino applicazione nel caso in cui, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, l’ente coinvolto abbia: a) risarcito integralmente il danno ed eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato, b) rimosso le carenze organizzative che hanno determinato l’illecito penale e c) messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.

Con riguardo al primo requisito, la Corte di Cassazione sez. II penale, nella sentenza n. 11209 depositata il 17.03.2016, ha negato che la costituzione di un trust, con segregazione in esso di una somma destinata al pagamento dei soggetti danneggiati, possa configurare un adempimento dell’obbligo risarcitorio previsto dalla lett. a) dell’art. 17 del decreto richiamato, giacché tale disposizione “esige un’anticipazione del risarcimento rispetto all’esito del procedimento penale, oltre all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, presupponendo una determinazione del danno stesso ed un comportamento collaborativo tra le parti contrapposte”, condizioni, queste, assenti nel caso esaminato dalla Corte.

Ed infatti, la destinazione nel fondo in trust di una somma di denaro, quand’anche a scopo satisfattivo del danno patito da soggetti terzi, configura – secondo la Corte – una forma di posticipazione del risarcimento giacché non garantisce la consegna diretta ai danneggiati degli importi risarciti. Il trust risulta, pertanto, uno strumento inidoneo a soddisfare le pretese risarcitorie delle persone offese come richiesto dall’art. 17, lett. a) del D.Lgs. 231/2001.

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