AUTORE
Avv. Monica Cuperlo
Assicurazioni sulla vita e trust sono tra gli strumenti più utilizzati per la tutela del patrimonio. Entrambi presentano profili vantaggiosi, ma anche punti critici rilevabili in relazione a singole esigenze.
Con riguardo ai beni segregabili, l’istituto del trust presenta una maggiore elasticità, potendo il disponente conferire nel fondo in trust beni di natura diversa (mobili e immobili, diritti di godimento, denaro, strumenti finanziari, partecipazioni societarie, aziende o rami di esse), nel mentre la polizza vita consente di destinare solo somme di denaro e valori mobiliari.
Ma se la polizza vita è ancora il modo più semplice per pianificare un lascito a favore di un soggetto terzo ovvero per differire il versamento di un capitale o di una rendita agli eredi, è il trust a garantire una maggior tutela al beneficiario.
L’effetto segregativo garantito dall’assicurazione è, infatti, necessariamente limitato nel tempo: all’avveramento dell’evento estintivo previsto nel contratto, l’indennizzo o la prestazione vengono resi immediatamente ed in toto, rientrando nella sfera patrimoniale del beneficiario e divenendo, così, aggredibili da eventuali creditori personali. Né il beneficiario può procrastinare all’infinito l’incasso della polizza, valendo il termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 2952 c.c.
L’istituzione di un trust con la previsione di clausole ad hoc può arginare tale rischio, giacché il suo effetto segregativo non si esaurisce necessariamente alla morte del disponente. I beni conferiti nel fondo in trust danno vita ad un patrimonio distinto e separato rispetto al patrimonio residuo del disponente, dei beneficiari e del trustee consentendo di porre al riparo i beni anche da azioni esecutive dei creditori dei beneficiari, i quali potranno soddisfarsi su quanto effettivamente attribuito ai propri debitori soltanto allo scioglimento del trust.
Tra i due istituti è, dunque, il trust ad offrire una tutela maggiore ai beneficiari.
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