Storno di dipendenti e collaboratori: quando può configurare la concorrenza sleale?

La concorrenza sleale presuppone il compimento da parte di un imprenditore di atti contrari alla correttezza professionale idonei a danneggiare un’azienda concorrente, ovvero un’impresa che si rivolge al medesimo mercato di consumatori offrendo beni o servizi volti a soddisfare bisogni identici.

Anche attraverso lo storno di dipendenti/collaboratori è possibile realizzare atti di concorrenza sleale.

La Corte di Cassazione, intervenuta più volte in materia, ha individuato i presupposti necessari per poter qualificare lo storno di dipendenti/collaboratori quale atto di concorrenza sleale. In particolare, i giudici di legittimità hanno affermato che occorre prestare particolare attenzione alla modalità attraverso la quale viene attuato il passaggio di dipendenti/collaboratori tra le imprese. In questo senso, è necessario considerare: la qualità e la quantità del personale stornato; la posizione del medesimo nell’ambito dell’organizzazione dell’impresa concorrente; le difficoltà connesse alla sostituzione del personale.

I giudici di legittimità hanno chiarito che lo storno di dipendenti/collaboratori rappresenta atto di concorrenza sleale quando viene perseguito da un imprenditore per crearsi un vantaggio competitivo a danno di un’impresa concorrente “mediante una strategia diretta ad acquisire un team composto da soggetti pratici del medesimo sistema di lavoro, entro una zona determinata, svuotando l’impresa concorrente di sue specifiche possibilità operative attraverso la sottrazione del modus operandi dei propri dipendenti, delle conoscenze da essi acquisite, nonché dell’immagine in sé di operatori di un certo settore” (cfr Cassazione Civile, ord. 22625/2022).

Pertanto, lo storno di dipendenti/collaboratori è idoneo a configurare la concorrenza sleale solo quando risulta assistito dal c.d. animus nocendi sopra descritto.