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Avv. Sarah Pani
Secondo la Suprema Corte (nella recentissima sentenza n. 37114/2023) “le condotte illecite in tema di rifiuti, compreso il reato di deposito incontrollato non connotato da una volontà esclusivamente dismissiva dei rifiuti, che, per la sua episodicità, esaurisce gli effetti della condotta fin dal momento dell’abbandono e non presuppone una successiva attività gestoria volta al recupero o allo smaltimento, hanno natura permanente quando l’attività illecita sia prodromica al successivo recupero o smaltimento delle cose abbandonate, sicché, in tal caso, la condotta cessa soltanto con il compimento delle fasi ulteriori rispetto a quella del rilascio“.
La vicenda prende le mosse da plurime condotte di illecita gestione dei rifiuti, contestate agli amministratori di un ente (coinvolto ai sensi del D.Lgs. 231/2001) per aver effettuato un’attività di recupero in mancanza della prescritta autorizzazione, e per aver depositato nell’area prospiciente l’impianto di recupero rifiuti non autorizzata per tale attività.
In estrema sintesi, la Cassazione ha affermato che la consumazione del reato sopra riportato, come detto consistito in un’attività non autorizzata di recupero di rifiuti sub specie di messa in riserva, si protrae sino all’interruzione della condotta illecita, da individuarsi con l’ottenimento dell’autorizzazione, ovvero con la definitiva cessazione della specifica attività gestoria di recupero.