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Avv. Fabrizia Fabrici
Accade sovente di imbattersi in articoli di cronaca che denunciano il collocamento di prodotti assicurativi fantasma, soprattutto nel ramo vita.
In molti casi gli illeciti sono realizzati da persone insospettabili, sui quali gli assicurati ripongono piena fiducia, e a pagarne le conseguenze sono anche gli intermediari, che pur essendosi dotati di evoluti sistemi di compliance interna, sono chiamati a rispondere per il semplice fatto di avere inserito nella propria organizzazione un collaboratore rivelatosi “infedele”.
Sono numerose le sentenze che hanno dichiarato la responsabilità indiretta e solidale dell’agente per il solo fatto dell’inserimento del collaboratore nell’azienda, essendo sufficiente l’esistenza di un rapporto di occasionalità necessaria, tale per cui l’incarico affidato al collaboratore ha agevolato la realizzazione dell’illecito e del conseguente evento dannoso, anche se il collaboratore ha operato oltre i limiti delle sue incombenze, purché nell’ambito dell’incarico affidatogli, sotto il controllo dell’agente.
Di recente la Corte di Cassazione (con sentenza n. 1786/22) ha affermato che la responsabilità solidale dell’intermediario va esclusa in presenza di condotte anomale del danneggiato o, comunque, di acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul collaboratore. I giudici di legittimità hanno escluso la responsabilità dell’intermediario in presenza di plurimi versamenti in denaro contante eseguiti su una polizza vita rivelatasi falsa ed in assenza di idonea documentazione assicurativa ricevuta dal subagente (nel caso di specie erano stati consegnati alla cliente certificati di copertura provvisori, privi di qualsiasi riferimento al tipo di contratto assicurativo).
Attraverso la pronuncia sopra richiamata si apre uno scenario nuovo nel quale, in luogo di invocare “in automatico” la responsabilità indiretta dell’intermediario, il giudice sarà chiamato a valutare anche le condotte assunte dai clienti danneggiati.