L’illecito del dipendente rileva anche in caso di segnalazione

Interessante pronuncia, elaborata secondo la disciplina attualmente applicabile (in attesa della piena efficacia del D.Lgs. 24/2023 – “Decreto Whistleblowing”, che coinvolgerà anche gli enti che abbiano adottato un proprio modello 231).

Con l’ordinanza n. 9148 del 31 marzo 2023, la Sezione lavoro della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da una dipendente sanzionata in via disciplinare per avere svolto, contemporaneamente al proprio impiego presso una struttura sanitaria pubblica, attività non autorizzata presso un ente privato conseguendo importi non irrisori.

La dipendente, che aveva altresì segnalato al proprio datore di lavoro comportamenti scorretti di altri dipendenti, aveva invocato l’applicazione della protezione contro gli atti ritorsivi, di cui all’art. 54 bis D.Lgs. 165/2001, evidenziando come proprio la sanzione disciplinare inflittale rientrasse in tale casistica. 

Tale protezione è stata negata dai giudici in ragione del fatto che la normativa di tutela del dipendente che segnali illeciti altrui (ossia il whistleblowing) salvaguarda“il medesimo dalle sanzioni che potrebbero conseguire secondo le norme disciplinari o da reazioni ritorsive dirette ed indirette conseguenti alla sua denuncia, ma non istituisce una esimente per gli autonomi illeciti che egli, da solo o in concorso con altri responsabili, abbia commesso, potendosi al più valutare il ravvedimento operoso o la collaborazione al fine di consentire gli opportuni accertamenti nel contesto dell’apprezzamento, sotto il profilo soggettivo, della proporzionalità della sanzione da irrogarsi nei confronti del medesimo”. 

Secondo la giurisprudenza di legittimità, dunque, la protezione normativa contro gli atti ritorsivi non può estendersi fino a ricomprendere gli illeciti commessi dal segnalante.

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