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Avv. Sarah Pani
Con recente ordinanza (depositata il 15 febbraio 2023) il GUP del Tribunale di Milano, nel pronunciarsi su una questione di legittimità costituzionale, ha evidenziato come la recente riforma Cartabia abbia inciso in modo sostanziale sulla regola di giudizio per l’emissione della sentenza di non luogo a procedere nei confronti degli imputati-persone fisiche con un nuovo canone interpretativo secondo cui il proscioglimento è imposto quando gli elementi di prova “non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”, senza tuttavia procedere, in parallelo, ad emendare la analoga disposizione prevista dal D.Lgs. 231/01 (art. 61) in tema di responsabilità degli enti (per la quale la sentenza è, ad oggi, emessa se “gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio”).
Il GUP milanese, pur rilevando l’esistenza di tale discrasia, ha rigettato la questione di legittimità poiché, dall’esame coordinato di ulteriori norme processuali che disciplinano le posizioni dell’imputato e dell’ente, oltre che della relazione ministeriale introduttiva della riforma, non risulta possibile accertare se tale discrasia sia frutto di “una scelta consapevole” del Legislatore ovvero di un mero “difetto di coordinamento”.
Nella prima ipotesi, alla questione sarebbe, in ogni caso, conseguito il rigetto sulla scorta dell’art. 34 del D.lgs. 231/01, secondo cui agli enti sono applicabili le norme del codice di procedura penale solo in quanto compatibili (e tale compatibilità sarebbe, nel caso di specie, mancata proprio in ragione della – volutamente – diversa regola di giudizio mantenuta nel D.lgs. 231/01).
Parimenti, nella seconda ipotesi, la questione non avrebbe comunque trovato accoglimento potendosi applicare, anche all’ente, un consolidato orientamento evolutivo – antecedente alla riforma – secondo cui, ai fini del rinvio a giudizio, va verificato “che la piattaforma degli elementi conoscitivi, costituiti dalle prove già raccolte e da quelle che potranno essere verosimilmente acquisite nello sviluppo processuale – secondo una valutazione prognostica ispirata a ragionevolezza – sia munita di una consistenza tale da far ritenere probabile la condanna e da dimostrare, pertanto, l’effettiva, seppure potenziale, utilità del passaggio alla fase dibattimentale”.
Ecco come, ad avviso del Giudice, grazie a tale interpretazione ogni eventuale disparità di trattamento tra ente e persona fisica risulterebbe completamente elisa.